giovedì 13 maggio 2010

SEZIONE A - SILLOGE INEDITA

1 ° Premio con Pubblicazione dell'editrice Ibiskos / Ulivieri
Vanes Ferlini "Duetto" Lui e Lei: una storia d'amore come tante, cioè: irripetibile.

(Lui)
L'Incontro

Un incontro ...
la creazione di un tempo nuovo 
distrugge l'orologio dell'abitudine
Sento il profumo azzurrino 
delle tue dita,
i pennsieri fluttuano
intorno a te
anche quando non ci sei.

E' un cmoplicato marchingegno
questa storia
Senza libretto d'istruzioni
La compenetrazione dolorosa
di due sfere d'acciaio.

(Lei)
Dimmi Cosa sai del cielo

Dimmi Cosa sai del cielo,
se hai mai provato
strapparti il piombo dagli stivali
abbattere i cavalli di Frisia
buttarti a corpo morto ...
e un sorriso per aliante

Guardami, cosa vedi
oltre le siepi del silenzio,
se c'è una fuga per noi due
inondala di biglie colorate
e ogni sfera sia ricolma
del nostro umore

Quante volte dovremo morire
per trovare la nostra pelle vera,
Quante volte ci sarà permesso rinascere
senza consumare il tempo
turbando appena le sfere celesti...
e quanti sogni perduti
per inseguire il sogno

Nulla più come prima
fuori e dentro di noi.

La raccolta di poesie Duetto, di Vanes Ferlini, è un breve poemetto a due voci che racchiude una storia d’amore in quindici coppie di componimenti: la voce di lui e la voce di lei, due punti di vista, due narrazioni dello stesso intreccio di momenti, due narrazioni che procedono in parallelo, accostate sulla pagina.L’idea è originale, ma soprattutto è realizzata con grazia, bravura e sensibilità: l’io maschile esprime la sua sensibilità maschile, l’io femminile la sua sensibilità femminile, non opposta ma diversa. Ed è una bella impresa, per un singolo autore, mettere in versi due sensibilità, interpretandole con limpidezza, senza forzature. Essere nello stesso tempo uomo e donna: oltre che poeta, naturalmente.
Pure in uno spazio così breve di narrazione, la storia segue tutto il suo percorso. Si parte dalla situazione dei due prima dell’incontro: lui ha inghiottito l’inutilità di questa vita, lei è davanti alla vetrata dell’indifferenza. Entrambi sono vedono la loro vita come qualcosa di vuoto, svuotato: ho succhiato tutto il molle / e la vita, ora / è una crisalide / che mi stringe senza amore.
Poi c’è l’incontro, che è subito la creazione di un tempo nuovo, di una nuova storia, che però è anche un complicato marchingegno / … / senza libretto d’istruzioni. C’è un intreccio delle mani e della vita. C’è un destino che è creato dalla comunione: Hai creato in me / il nostro destino. Nella differenza delle sensibilità, lui ha sfumature più egocentriche, più rivolte verso l’interno; lei è più compresa nella visione dell’essere insieme, dell’amore che ha quasi vita propria: il tempo non può mangiare / lettere al nostro amore.
La storia sembra incominciare a incrinarsi proprio per un contrasto fra la tentazione di possesso di lui e l’infinità di lei e dell’amore stesso: Ma ora le mie mani / sono gabbia / troppo piccola / al tuo volo. E si inaridisce il flusso: Un fluido viveva / dentro di noi / nel primo tempo insieme. Mentre lei dice: La mia carezza non sa ragionare … / tu non sai accarezzare.
E si arriva così alla fine, anche questa vissuta in modo differente: lui racconterà agli amici curiosi che è stata una mano azzardata / che non valse la posta; lei dice: Se ci sarà altro tempo /- per noi-/ potrà essere / solo infinito.
Ecco dunque una storia d’amore raccontata con leggerezza e delicatezza in un breve componimento in versi che usa un linguaggio classico, letterario, ma nello stesso tempo vivace, quotidiano, immediato. Il ritmo segue l’andamento della narrazione, con un crescendo, una punta massima nel nocciolo della passione, e un calando nello spegnersi finale.
Un lavoro ben fatto, di gradevole lettura, che sa trasmettere sensazioni ed emozioni, scavando in ciò che accade ai due protagonisti, uniti dall’amore per il tempo che l’amore dura, ma sempre diversi, con i loro diversi sguardi e le loro diverse inquietudini. DUETTO si inserisce così nel filone eterno dei poemi d’amore: un poema piccolo, breve, ma intenso, denso e vero.

Carlo Molinaro

2 ° Premio - Marco Giampieri "L'ultima Stella"

L'ultima stella

L'ultima stella l'ho barattata con il Tempo
ancora un minuto 
ancora un sorriso
dove si può ancora chiedere tutta la vita
sul mio cammino incerto
su un filo sottile
davanti alla casa dei dubbi
sotto il sole che brucia
sotto la pioggia dei giorni.

Domani è, un'altra tappa.

Ancora Passo
in una distanza di vetro
in una tenera preghiera.

Cuore nuovo e gambe in agguato
coe un circolo infinito.
Guardo indietro e ascolto attentamente
quello che dici e vedo quello di che dici
sogno quello che dici e aspetto.

L'ultima stella
travolta dal silenzio.

La silloge canta la forza rinnovantesi dei sentimenti. In particolare di quello amoroso, inseguito e vissuto nella sua discontinuità. Amore reale che sfuma verso l’astrazione, permeato da una domanda “Mi irride il senso del reale”. Amore che nello stesso tempo da “paura e calde mani” nella “dolcissima trincea”.
Venuto per consolare con la sua carezza forse inconsistente e fugace: amore-vento di cui la tessitura lirica sa rendere però tutta la forza, anche dove la parola può apparire solita e molto usata.
Precarietà e infinito si manifestano in alternanze, così come la simbologia del tempo, della sua finitudine sul pencolare della vita.
Speranza, preghiera, gioia e anche confine, come nella poesia Il mio canone distorto, nel sentire il limite del colore e delle quieta quotidianità quando “il vento contorce il tramonto”. O il buio di una notte illune in sintonia con l’amarezza dell’amore ( poesia Le parole).
Nelle poesie si mostra una maturità felicemente espressa in compiutezza di stile. Riflessione filosofica e autocritica in cui è possibile, per molti, rispecchiarsi.
Rina D'alessandro

3 ° Premio - Anna Elisa De Gregorio "Le Stanze imperfette"

La bambina Unica
(un presente imperfetto)

Da un foglio di quaderno
a righe ha ricavato
una barchetta e un'altra
e un'altra, tutte bianche.

Affida ognuna all'acqua
sporgendosi dal bordo
nel tracciato dei Pesci
su un laghetto stellato.

Quale rotta stamane,
mio capitano? Viaggio
per cercare un fratello
con tre navi di carta.

In avventura estrema
con la mano le spinge,
barcollanti, piegate.
Gia una vela di dubbio.


Il titolo fa riferimento alla seconda delle tre parti in cui si snoda l’intera silloge.
Una silloge assai corposa, non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche da quello qualitativo. Le altre due parti hanno titolo: “Un passo che conosco” e “Le Stanze del Ventaglio”.
Sono tre tematiche che si sviluppano con grande armonia e ci rimandano ricordi, nostalgie, immagini.
“Un passo che conosco” è il viaggiare, che è metafora della vita e che si consolida non solo nel mezzo di trasporto (il treno), ma anche, nelle parole, perché le parole sono esse stesse un mezzo per il viaggio.
L’imperfezione connota “Le stanze (appunto) imperfette”, o meglio il pensiero centrale dell’Autrice sulla vita, che, tra l’altro, comprende le poesie più belle ed evocative.
E il “Ventaglio”o meglio le sue Stanze, completa con l’effimero, la trilogia interpretativa del valore della vita.
Tutto ciò espresso con molta proprietà e dimostrando una base culturale notevole, introitata e rivissuta in modo estremamente personale.
Sergio Notario

Segnalazioni:
Francesca Parisi "Epitalamio zoomorfo"

Batracomiomachia

Nel paese di cuccagna
topi vendono coni
e pinoli per la cince,
e rane elettrificano l'aria
intermittente
di una balera estiva.

Ivan Fassio "Fuori Fuoco"

Planava l'angelo
Velato di Bianco, indifferente,
Sul congelato desiderio.

Gesticolava la madre
Alla finestra, radunava
In ordine i compiti
Da fare, gli oggetti da salvare.

Mischiava le carte
Il mago, attento barare
Nella pena generale,
Nel giudizio universale.

La Giuria: Rina D'alessandro, Carlo Molinaro, Sergio Notario

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